Bambini in città di Luigi Comencini (1946, 15’)
«Un mio amico, Gigi Martello, mise a disposizione a me e a Risi una certa somma, […], per fare documentari, e durante la stessa estate facemmo io Bambini in città e Risi Barboni. Bambini in città fu presentato alla prima mostra di Venezia del dopoguerra ed anche a Cannes ed ebbe molto successo. […] Bambini in città descriveva come una città distrutta può sembrare bella a dei bambini, coi suoi spazi aperti, i suoi angoli misteriosi, le sue zone tutte da scoprire, le sue caverne e i suoi buchi. Il cortometraggio mostrava come i ragazzi s’ingegnavano a creare un mondo fantastico in una città che, in fondo, è per loro ostile» (Comencini).
a seguire Proibito rubare di Luigi Comencini (1948, 83’)
«Il produttore [l’ingegner Gatti della Lux] mi disse: “Facciamo una Città dei ragazzi all’italiana”. A questo punto scoprii in me la vocazione a un linguaggio che si serve del paradosso per rappresentare la realtà: posto di fronte al compito di fare a Napoli, dove le condizioni di vita nel dopoguerra erano ben diverse da quelle americane, una versione italiana del film di Taurog (Bogs Town è del 1938), mi sono lasciato suggerire dalla realtà napoletana lo spunto per capovolgere la situazione. Proibito rubare racconta la storia non di un prete caritatevole verso poveri ragazzi perduti ma quella di un gruppo di ragazzi perduti che diventano caritatevoli verso un povero illuso» (Comencini).