Omaggio a Monte Hellman
Cockfighter di Monte Hellman (1974; 83′); v.o.sott.it
Titolo originale: Cockfighter
Regia: Monte Hellman
Sceneggiatura: Charles Willeford
Fotografia: Néstor Almendros
Montaggio: Lewis Teague, Monte Hellman
Scenografia: Charles L. Hughes, Pat Mann
Suono: Lee Alexander
Musiche: Michael Franks
Interpreti: Warren Oates, Harry Dean Stanton, Richard B. Shull, Ed Begley Jr., Laurie Bird, Patricia
Pearcy, Steve Railsback
Produzione: Roger Corman per New World Pictures
Durata: 83 minuti
Prima proiezione: 30 luglio 1974
Sinossi:
Frank Mansfield si occupa di combattimento tra galli. Per alzare le quote degli scommettitori a suo
favore decide di tagliare leggermente il becco del suo gallo: per ironia della sorte proprio questa
scelta lo porterà alla sconfitta, per la quale perde tutti i soldi e perfino la roulotte. Torna dunque
dalla sua fidanzata storica, che vorrebbe vederlo mettere la testa a posto; così non è, e Frank
arriva a vendere la casa di famiglia per poter tornare nell’agone e partecipare, con il suo nuovo
socio, ai campionati di combattimento dei galli…
Stando alle parole di Roger Corman, che lo produsse attraverso la sua New World Pictures,
Cockfighter fu l’unico film in cui investì denaro in tutti gli anni Settanta a non restituire indietro la
somma con gli interessi del caso. Un insuccesso, insomma. Un flop, vera e propria onta per colui
che ha scritto il libro Come ho fatto 100 film a Hollywood senza mai perdere un dollaro. Cento
meno uno, verrebbe da dire. È davvero un peccato che il pubblico abbia voltato le spalle a un film
come Cockfighter e se è possibile arrivare a comprenderne i motivi – il cinema si stava muovendo
in un’altra direzione, nel 1974, rispetto a quella paventata da Monte Hellman – appare bizzarro che
non si sia avuta l’accortezza nei quarant’anni successivi a rimediare a una così clamorosa svista.
Perché, nel prendere spunto dal romanzo scritto nel 1962 da Charles Willeford (a sua volta
responsabile della sceneggiatura), Hellman non solo apre uno squarcio, l’ennesimo, sull’America
confusa e alla ricerca disperata di un senso da assegnare all’esistenza, ma si permette anche di fare
un compendio e una riflessione sulla sua stessa filmografia. Basta vedere l’ingresso in scena del
protagonista Frank Mansfield per rendersene conto: Warren Oates, qui alla terza delle quattro
collaborazioni con il regista (l’ultima, quattro anni più tardi, sarà sul set italiano di Amore, piombo e
furore), ha ancora dentro gli occhi il fiammeggiare eterno e disperato di GTO, il bizzarro pilota da
lui interpretato nel precedente Two-Lane Blacktop. Nell’ossessione di Frank di vincere il
campionato di combattimento tra galli e ottenere il riconoscimento di “Cockfighter of the Year” c’è
in realtà il terrore di dover esperire il medesimo vuoto esistenziale che spinge GTO a muoversi di
diner in diner, di highway in highway, rimorchiando a bordo del suo bolide chiunque e fingendosi
sempre una persona diversa. La prima, grande e coraggiosa scelta di Hellman consiste nel fatto di
privare il suo protagonista della dote più caratteristica: una voce profonda e indimenticabile. In
Cockfighter Oates è muto, in virtù di un fioretto fatto nella speranza di raggiungere l’agognata
vittoria finale. Una vittoria per la quale ha sacrificato ogni cosa, dagli affetti personali ai beni
immobiliari. Nulla, nessun agio o attitudine borghese può rivaleggiare con la vittoria del
campionato: l’evidenza dell’effimero, come spesso in Hellman, batte un effimero ben più subdolo,
celato sotto le coltri della società. Diretto con uno stile secco e armonioso al medesimo tempo,
Cockfighter è l’ultimo film della “Hollywood Renaissance” diretto da Hellman: con lui sul set, quasi
ci fosse consapevolezza di questo, alcuni dei suoi fedelissimi da Laurie Bird a Harry Dean Stanton.
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