Omaggio a Monte Hellman
Le colline blu – Ride in the Whirlwind di Monte Hellman (1966; 82′); 35mm
Titolo originale: Ride in the Whirlwind
Regia: Monte Hellman
Sceneggiatura: Jack Nicholson
Fotografia: Gregory Sandor
Montaggio: Monte Hellman
Scenografia: James Campbell
Suono: Art Names
Musiche: Robert Drasnin
Interpreti: Cameron Mitchell, Millie Perkins, Jack Nicholson, Harry Dean Stanton, Katherine
Squire, George Mitchell, Rupert Crosse, John Hackett, Tom Filer, B.J. Merholz, Brandon Carroll,
Peter Cannon, William A. Keller
Produzione: Jack Nicholson, Monte Hellman per Proteus Films
Durata: 82 minuti
Prima proiezione: 23 ottobre 1966
Sinossi:
Otis, Wes e Vern sono tre cowboy. Mentre sono in viaggio verso Waco, Texas, decidono di passare
la notte nei pressi del rifugio di una banda di fuorilegge che ha rapinato una diligenza. Una scelta
che si dimostra errata quando al mattino vengono circondati, come gli assaltatori, da uno
squadrone di vigilantes. I tre cercano la fuga, ma Otis viene colpito a morte, mentre Vern e Wes
riescono a darsi alla macchia. Inseguiti dai vigilantes, che nel frattempo hanno giustiziato i
rapinatori, i due hanno un’unica speranza: superare le colline che si ergono di fronte a loro…
Come un gemello eterozigoto de La sparatoria, Le colline blu è un western ridotto all’osso, spolpato
della maggior parte dei nervi e dei muscoli del genere. Del western riprende l’ambientazione,
ovviamente, ma in un’epoca di grande rilettura Hellman non aderisce a nessuna delle principali
ipotesi di rinnovamento: non guarda all’Europa e allo spaghetti-western, eppure non si allinea
neanche alla ridefinizione dei canoni della violenza che renderà celebre Sam Peckinpah. Anche per
risparmiare sul budget – che condivideva con La sparatoria, girato però un paio di settimane prima
utilizzando con minor oculatezza il denaro a disposizione – fornito da Roger Corman, Hellman
sceglie di eliminare molti dialoghi tra i personaggi, tagliando senza pietà parte consistente della
sceneggiatura scritta da Jack Nicholson, che veste anche i panni del protagonista insieme a
Cameron Mitchell. Quel che ne viene fuori è un’opera stranamente silente, nevrotica e
contemplativa allo stesso tempo, con due uomini in fuga disperata da un mondo che non prevede la
possibilità del chiaroscuro. Si è fuorilegge o vigilantes, braccati o cacciatori. Ed è una caccia in
piena regola, Le colline blu, che ribalta la prospettiva de La sparatoria, dove la macchina da presa
di Hellman si muoveva insieme agli inseguitori e non dalla parte degli inseguiti. Per quanto sia
efficace sotto il profilo narrativo, dato che le colline sono proprio l’unico obiettivo che si possono
porre i fuggiaschi e oltre le quali dovrebbe essere loro concessa la “libertà”, il titolo italiano
smarrisce nei fatti il potere metaforico e iconico dell’originale Ride in the Whirlwind. È infatti un
turbine (whirlwind) quello in cui si trovano a cavalcare alla disperata Wes e Vern, e all’interno di
questa inquieta corsa non esiste pace, ma solo brevi momenti di illusoria stasi. In questa chiave
d’accesso al western che, più che ai classici conclamati, sembra guardare con i suoi turbamenti e il
proprio senso di disperazione/dispersione a un capolavoro non troppo conosciuto come Alba fatale
di William A. Wellman (1943), Hellman mette a punto alcuni dei temi centrali della sua poetica, dal
viaggio verso il nulla alla scarnificazione mai pretestuosa del racconto, fino alla rinuncia completa a
qualsiasi velleità eroica. In pochi nel sovvertimento della prassi hollywoodiana hanno avuto il
coraggio di Hellman di disallinearsi anche dai compagni di ventura produttiva, alla ricerca di quel
punto disperso nel nulla in cui ci si può illudere di essere ancora vivi, e liberi di vivere. Perché
anche nel cinema, se ci si addormenta nei pressi dell’accampamento sbagliato, si rischia di essere
messi (metaforicamente) a morte.