C’era una volta L’Occhio, L’Orecchio e La Bocca
Mostra documentaria a cura di Francesco Pettarin
a partire da materiali gentilmente forniti da Gianni Romoli e Silvia Viglia.
Gli anni Settanta, gli “anni di piombo”, quelli che per chi li ha vissuti sono stati “la primavera di Roma” prima che scoppiasse l’Estate Romana. La città era in grande fermento. I giovani usciti chiedevano a gran voce diritti, possibilità di affermare il proprio essere e ad ogni angolo aprivano locali alternativi, jazzclub, folkstudi, teatrini off, cineclub. Tra questi particolare per il proprio impegno trasgressivo sia nelle tematiche che nel modo di proporle spiccava a Trastevere il cineclub “L’Occhio, L’Orecchio e La Bocca” che si distinse subito per l’inventiva con cui veniva programmato. Famose le maratone di tutta una notte in cui pagando il biglietto si poteva tirare mattino tra film, documentari, spezzoni e sfizi alimentari.
Simbolo dell’intera temperie culturale degli anni Settanta, un luogo di ritrovo delle varie comunità culturali romane, prima fra tutte quella gay, che nel cineclub trasteverino trovò un posto in cui incontrarsi e riconoscersi senza essere ghettizzata. Il percorso espositivo raccoglie le testimonianze di come allora si lavorava: locandine, programmi, bozzetti, frutto di appassionate discussioni su quale fosse il modo migliore per dare forma a un atteggiamento preciso non solo sul cinema e sulla cultura ma anche sulla vita.
Dedichiamo questa mostra a Roberto Farina e Flavio Merkel.
Gender Utopia. Dalla favola di Adamo ed Eva al genere come utopia
Mostra fotografica a cura di Francesco Paolo del Re
Opere di Alessandra Baldoni, Jacopo Benassi, Eleonora Calvelli, Fanny Coletta, Roberto Foddai, Aloha Oe, Claudia Pajewski, Angela Potenza, Mustafa Sabbagh e Paola Serino.
Attraverso differenti usi del medium fotografico e con una spiccata preferenza per la ritrattistica, la mostra illustra il dissolvimento e l’utopia del genere, a partire dal superamento dell’ipotesi binaria di divisione del mondo in base all’anatomia e al di là della favola biblica di Adamo ed Eva.
Il melange di visioni e suggestioni proposte invita il visitatore alla scoperta meravigliosa del continente inesplorato della riscrittura del sé desiderante e della decostruzione del genere come territorio di un’utopia possibile. Anche in Italia una cultura de-genere coltiva negli interstizi del pensiero dominante i suoi luoghi di incontro, i suoi rituali, le sue occasioni di visibilità e riconoscimento e propri codici espressivi ed estetici. Gender Utopia prova a mappare le rotte velate di malia delle vite di chi sconfina le codificazioni del genere, abbracciando la molteplicità del pensarsi e dell’essere altro. “Un territorio – scrive il curatore – per definizione franoso e mutevole, in cui è forse impossibile radicare ma in cui ha senso fiorire a piacimento. In cui la dimensione processuale del genere può illuminare stupori di sguardi senza foglie di fico, che si incrociano lungo le traiettorie della scoperta di un’alterità inebriante”.