Caterina Boratto: La Diva Che Visse Due Volte
Alla Casa del Cinema dal 14 al 16 marzo 2017
Il 15 marzo (di 102 anni fa) nasceva a Torino una delle dive più popolari e appartate del cinema italiano, una donna protagonista di vicende da romanzo e un’attrice che visse letteralmente due volte sullo schermo, in periodi molto lontani tra loro.
In occasione del suo anniversario, mercoledì 15 marzo, Casa del Cinema renderà omaggio a Caterina Boratto con la complicità di suo figlio Paolo Ceratto, autore insieme a Franco Prono del volume a lei dedicato (Daniela Piazza Editore) e di Paolo Grassini che nel suo “Fellini 8 ½: la genesi del film” (ETS Edizioni) le dedica un vivido ritratto. Negli stessi giorni (da martedì 14 a giovedì 16 marzo) verranno riproposte alcune delle più significative interpretazioni della diva: dal suo esordio a fianco del tenore Tito Schipa in “Vivere” di Guido Brignone (1936) al poco noto “Le orme” di Luigi Bazzoni (1974) in programma il 14 con la collaborazione di Surf Film, dal celebre “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini (1975), presentato in collaborazione con la Cineteca di Bologna a conclusione di una giornata a tema dedicata all’attrice (15 marzo), fino ad arrivare al sorprendente “Chi più felice di me!” sempre di Guido Brignone (1938) e di nuovo in coppia con Tito Schipa (16 marzo).
Altera, elegante, discreta e timida nella vita privata, Caterina Boratto approdò al cinema negli anni ’30 dopo aver frequentato il Liceo Musicale e fu immediatamente scelta per un ruolo da protagonista in “Vivere” a fianco di una star internazionale come Tito Schipa, conoscendo un tale successo popolare da indurre la Metro Goldwyn Mayer a proporle un contratto in America. A causa dello scoppio della guerra mondiale, la giovane diva dovette abbandonare l’idea, ma rimase protagonista sugli schermi italiani fino al film “Campo de’fiori” di Mario Bonnard (sceneggiato anche dal giovane Fellini nel 1943). Lontana dalle scene Caterina Boratto si dedicò alla vita privata sposando Armando Ceratto, suo amico d’infanzia e compagno di militanza politica, e si concesse solo una breve apparizione agli inizi degli anni ’50.
Fu invece Federico Fellini a indurla a tornare sullo schermo alla fine del decennio grazie ad una parte in “8 ½”. Questa occasione le aprì una nuova prospettiva in un cinema tanto diverso da quello che aveva conquistato da giovane e le permise di frequentare tutti i generi cinematografici: la commedia musicale con Lina Wertmüller (“Non stuzzicate la zanzara”, 1967), il thriller con Mario Bava (“Diabolik”, 1968), il kolossal con Sidney Pollack (“Ardenne ‘44”, 1969), la satira con Luciano De Crescenzo (“32 dicembre”, 1988). E naturalmente il miglior cinema d’autore di quegli anni con maestri come Pasolini, Dino Risi, Ettore Scola, Franco Brusati e Federico Fellini il cui incontro rimase il vero snodo della sua doppia vita da diva.