D’amore non si muore. Firmato: Lino Capolicchio
Lino Capolicchio è un attore più unico che raro. Quando lo si nomina, vengono in mente un volto, un corpo, uno sguardo, una voce. Assolutamente uniche. E completamente anti-italiane. Una fisicità molto british. Una phoné volutamente non impostata teatralmente. E come ha scritto giustamente Gregorio Napoli: «Lino Capolicchio è giustamente orgoglioso della armonia con cui una carriera zeppa di brucianti affermazioni ha saputo recuperare anche la sicurezza di non essere effimera. È arrivato per caso al cinema, ma alla recitazione ha dedicato tutto se stesso, frequentando la Accademia d’arte drammatica, e sono passati solo sette anni da quando scommise con la madre che si sarebbe affermato sulle scene. Anche lui, infatti, ha la sua piccola storia di alienazione familiare: il solito discorso di “quel che si farà da grandi”. Perito chimico doveva essere, e fu invece […] un volto da ricordare in una futura antologia del cinema di protesta. “Credo di essere un vero attore, non potrei fare questo mestiere se non lo sentissi veramente”. Si torna al discorso della consapevolezza, ma la pennellata più colorita l’ha data Florinda Bolkan, che Capolicchio ha avuto al fianco sul set di Metti, una sera a cena: “È un animale strano, molto cinematografico, straordinariamente complesso”». Stavolta Lino ha deciso di “mettersi a nudo” non davanti alla macchina da presa o sul palcoscenico ma sulla pagina scritta per raccontarsi e raccontare gli anni incredibili che ha vissuto, costellati da incontri straordinari: da Sergio Tofano a Giorgio Strehler, da Anna Magnani a Vittorio De Sica e a Pier Paolo Pasolini, da Federico Fellini ai Beatles e a Carmelo Bene e a Fabrizio De André… Titolo di questo eccezionale quanto eccentrico memoir dell’anima editato da Rubbettino e dal Centro Sperimentale di Cinematografia è D’amore non si muore, ironica citazione del film di Carlo Carunchio D’amore si muore (1972) interpretato dall’attore a fianco di due grandi dive, Silvana Mangano e Milva.
16.00 Amore e ginnastica di Luigi Filippo d’Amico (1973, 108′)
L’ex seminarista Simone (Lino Capolicchio) s’innamora di un insegnante di ginnastica (Senta Berger) che vive nel suo palazzo, la quale si dedica anima e corpo all’educazione fisica, senza pensare alla vita privata e al matrimonio. «D’Amico, come da un podio, orchestra una composizione scenografica tra caffè gozzaniani, sontuosi palazzi Savoia, il verde dei parchi cittadini; mette in scena severi educatori regi, operai delle scuole serali, svelte madamine, vigorosi ginnasti, canottieri che sfilano sul fiume; gioca con le invenzioni linguistiche del torinese Tullio Pinelli che “sciacqua nel Po” De Amicis per accentuarne tratti da siparietto di caffè chantant. Infine, la fotografia di Marcello Gatti mostra una Torino solare in alcuni dei suoi scorci più belli, da Palazzo Madama al Valentino, i cui colori brillanti sono restituiti dal restauro fatto dalla Cineteca Nazionale per le Universiadi» (Toffetti).
a seguire incontro moderato da Alberto Crespi con Lino Capolicchio.
Nel corso dell’incontro verrà presentato il libro di Lino Capolicchio, “D’amore non si muore”, Rubbettino Editore, Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, 2019.