Et in terra pax, Matteo Botrugno, Daniele Coluccini, 2010, 89’
L’estrema periferia romana fa da sfondo a tre storie prima parallele e, successivamente, legate fra di loro dal filorosso della droga e della criminalità.
Marco, dopo cinque anni passati in carcere, torna a casa sforzandosi di cercare una vita normale e lontana dai traffici illeciti che avevano causato il suo arresto. Il tentativo di dimenticare il suo passato e di iniziare una nuova vita è destinato al fallimento: l’uomo si lascia convincere dai suoi ex compari, Glauco e Mauro, a riprendere a spacciare. Marco si ritrova di nuovo a convivere con la delinquenza ed inizia a vendere cocaina sulla panchina di un piccolo parco che per lui diverrà una sorta di isola dalla quale gli è possibile osservare le vite altrui, riflettere su se stesso e metabolizzare gli eventi che lo porteranno al suo inutile sacrificio finale.
Sonia, studentessa universitaria, lavora nella bisca di Sergio. Il suo tentativo di studiare e di rendersi indipendente economicamente viene vanificato dalla dura realtà che la circonda. L’illusione di trovare la comprensione di Sergio, menefreghista e insensibile, e l’amicizia di Marco, si mescola alla stanchezza e alla rassegnazione.
La terza storia riguarda tre ragazzi, Faustino, Massimo e Federico. Diversi fra loro ma costretti ad un’amicizia che li rende apparentemente invulnerabili, i tre si trovano invischiati in una serie di eventi concatenati che li porteranno a scontrarsi non solo fra loro, ma anche con la dura realtà della strada. Un motorino scambiato per un po’ di cocaina porta le tre storie ad intrecciarsi drammaticamente. I protagonisti, una volta incontratisi, lasceranno dietro di loro una scia di fuoco, sangue e violenza.