al termine del film interventi e testimonianze con Gianni Amelio, Luciano Tovoli, amici e collaboratori
(Italia, 1975, 136’ versione cinematografica)
Bruno D’Angelo, un giovane maestro d’origine napoletana, fresco di nomina, assume l’incarico in una scuola del Tiburtino, un quartiere periferico di Roma. Gli viene affidata la classe più scomoda e difficile, una quinta formata da ragazzi svogliati e tutt’altro che docili, molti dei quali ripetenti. Il maestro non si lascia scoraggiare dalle apparenze e inizia un dialogo coi ragazzi, si informa delle loro abitudini, delle loro case, delle loro famiglie. Scopre così che molti ragazzi non frequentano la scuola in quanto preferiscono dedicarsi ad altre attività, alcune delle quali pericolose. Il maestro intende recuperare alla scuola tutti gli assenti: va in ogni casa a parlare con i genitori e alla fine riesce nell’intento. Naturalmente, un comportamento del genere urta la suscettibilità degli altri insegnanti e soprattutto quella del direttore. Le iniziative del maestro D’Angelo vengono definite troppo personali e in disaccordo con i metodi tradizionali. Tutto ciò contribuisce però a rendere sempre più saldo il legame fra D’Angelo e i ragazzi. Anche i più turbolenti hanno capito che il maestro difende gli scolari e che il suo insegnamento è valido a tutti gli effetti. Secondo il direttore, però, la classe in quelle condizioni non potrà superare gli esami. Il maestro allora se ne va, annunciando che non si sente di restare un solo momento di più in quella scuola. D’Angelo passa qualche giorno in famiglia, in un ambiente sereno che gli consente di riflettere con calma su quanto è accaduto. Finché si rende conto delle responsabilità che si è assunto e comprende quanto sia importante l’opera iniziata e quanto affetto egli nutra per i suoi ragazzi. Non può in effetti abbandonare l’una né rinunciare agli altri e decide di riprendere il suo posto a scuola.