ASSOCIAZIONE & COMPAGNIA TEATROANTICO presenta
GRETA GARBO UN MITO SENZA TEMPO
Mostra fotografica e documentaria a cura di Giulio D’Ascenzo ed Elisabetta Centore
12 Marzo -14 Aprile 2013
dal lunedi al venerdi dalle 15 alle 19
sabato e domenica dalle 11 alle 19
È stata definita “il più straordinario viso che la macchina da presa abbia mai inquadrato”. Si tratta di Greta Garbo, una delle protagoniste della storia del cinema mondiale a cui l’Associazione & Compagnia Teatroantico ha deciso di dedicare una mostra ospitata dal 12 marzo al 14 aprile dalla Casa del Cinema di Roma.
Una mostra fotografica e documentaria che raccoglie materiali unici e rari, provenienti da tutto il mondo: foto di scena, locandine, manifesti, libri, brochure, riviste e interviste d’epoca, il tutto rigorosamente originale. Un’occasione per rivivere l’età d’oro del cinema hollywoodiano e riscoprire volti e personaggi mitici e indimenticabili. All’interno dell’esposizione sarà dato molto spazio a ‘La Regina Cristina’ uno dei film più amati da Greta Garbo, di cui ricorrono gli ottant’anni dall’uscita.
Nata a Stoccolma nel 1905, Greta Garbo, dal 1924 al 1941 ha interpretato 28 film, ritirandosi per sempre dalle scene, a 36 anni, quando era al culmine della carriera e ancora bellissima.
Greta Garbo, ‘La Divina‘, ma anche ‘La Sfinge‘ e ‘La Donna fatale‘: in queste definizioni è racchiusa la vera essenza della donna che fece innamorare di sé uomini e donne di tutto il mondo e della diva che, più di chiunque altra, con i suoi gesti solenni e persino estremi, seppe rappresentare ritratti di tragiche eroine. L’hanno sempre contraddistinta mistero e irraggiungibilità, ma anche quella estrema riservatezza con cui ha protetto la sua vita privata.
Come scrisse Cecil Beaton, fotografo delle stelle di Hollywood: non si sono mai visti occhi più profondi ed espressivi dei suoi. E Cesare M. Arconada, il suo primo biografo, dichiarò: la Garbo è una donna che non esiste dal punto di vista vitale.
La fortuna della Garbo attrice risiedeva tutta nella magia del suo sguardo, che riusciva a trasmettere un misto di seduzione e di innocenza, di voluttà e di tenerezza, di peccato e di redenzione. Per questo i suoi ritratti fotografici ebbero come punto focale non il suo corpo, ma i suoi occhi e il suo volto che molti considerarono il più fotogenico e ricco di espressività che mai il cinema avesse avuto.
La Garbo portò sullo schermo il sesso come non ha più fatto nessuna: a chi tenta di baciarla offre la gola con la testa girata all’indietro; a chi la desidera esaspera la tensione prolungandone l’attesa, come se lei desiderasse solo essere desiderata. Interpretò le più grandi scene d’amore utilizzando la simbologia degli oggetti: i fiori in “Destino”, i mobili ne “La Regina Cristina”; eppure la scena in cui accarezza amorosamente Ricardo Cortez in “Il Torrente” trasuda una forte carica erotica, ed anche in “Orchidea selvaggia”, “Il Bacio” e “Romanzo” non mancano allusioni decisamente audaci in quegli anni. Per questo ci si innamorava di lei, come si innamorò Mauritz Stiller, uno dei maggiori cineasti svedesi, forse l’uomo che l’amo più di ogni altro.