METROPOLIS di Fritz Lang
Germania, 1927, 80′
musica di Giorgio Moroder
L’avveniristica città di Metropolis è divisa in due livelli: in superficie, dove si stagliano imponenti grattacieli, fra giardini idilliaci, strade percorse da veicoli o treni superveloci e cieli solcati da aeromobili, vivono gli eletti, gli intellettuali e la classe dirigente, dediti a svaghi e piaceri di ogni tipo; nel cupo sottosuolo abitano invece gli operai, che con il loro lavoro mantengono in funzione le complesse macchine che forniscono energia alla città e le consentono di prosperare. Il giovane Freder (figlio di Joh Fredersen, il signore di Metropolis) si innamora della bella Maria, gentile “rivoluzionaria” che predica – in segreto, nelle catacombe – l’armonia e una maggior comprensione fra le classi sociali. E per seguire la ragazza si avventura nei livelli inferiori, dove osserva con i propri occhi le tremende condizioni di vita degli operai, costretti a massacranti turni di lavoro davanti a macchinari disumani. Ma ogni suo tentativo di sensibilizzare il padre su questo tema si rivela inutile: anzi, Fredersen ordina allo scienziato Rotwang – che nel suo laboratorio ha appena costruito un sofisticato robot femminile – di dare all’androide le fattezze di Maria, nell’intento di esercitare ancora di più la propria influenza sui lavoratori e tenerli così a bada. Ma il robot sfugge al controllo del suo creatore e sobilla invece gli operai alla rivolta: questi sabotano le macchine, senza rendersi conto che così facendo condanneranno alla distruzione anche la propria città sotterranea, che viene rapidamente invasa dalle acque. A salvare i figli dei lavoratori, che erano rimasti bloccati nel sottosuolo, saranno Freder e la vera Maria: e proprio il giovane diventerà, come auspicato dalla ragazza, “il cuore che fa da mediatore fra la mente e il braccio”, favorendo il dialogo e la riconciliazione fra i due gruppi.